Nel gennaio del 1966 il mio calvario. Viene a mancare mio padre, da famiglia benestante ci crolla il mondo addosso. Mia madre deve occuparsi di me di mio fratello più piccolo e di due sorelle più grandi che non vogliono più vivere in paese, quindi mia madre vende tutto e ci trasferiamo a Sassari, tra mille difficoltà.

Io continuo a frequentare una scuola professionale e un mio parente sacerdote  si mise in contatto con l’Opera di Padre Marella dove nel 1967 veniamo accolti sia io che mio fratellino di sei anni più piccolo (Piero) a San Lazzaro e poi dirottati alla Tombetta, nella casa in campagna curata da una signora. Ricordo che andavamo a scuola  in bicicletta a San Matteo della Decima. Essendo però io troppo grande, a un certo punto non potevo più stare alla Tobetta, dove invece è rimasto mio  non potevo stare quindi lascio li mio fratello, Venni spostato a Sant’Agata Feltria, sempre in una casa di Padre Marella, e lì venni iscritto alle scuola professionale industriale che frequentavo con grande gioia.

La scoperta degli sci

Ricordo che un giorno in inverno …con tutta quella neve che cadde… mi misi a sciare (non avevo mai visto un paio di sci prima di allora!), ma la cosa è finita male: caddi e mi ruppi tibia e perone. 90 giorni di gesso e persi anche l’anno. Che disfatta. Cosa successe? Avevo trovato un paio di sci, insieme ad altri ragazzi, così ci mettemmo a giocare tutti con la neve: legati gli sci ai piedi con del fil di ferro, mi armo di due manici di scopa da usare come racchette… presa la prima discesa convinto di poter sciare…  il destino (o l’inevitabile realtà) volle che cadessi fratturandomi il fratturabile. Ricoverato a Novafeltria, un paese vicino, in quei 90 lunghi giorni non mi restava che rimanere chiuso in casa ad aiutare la cuoca a cucinare. Il lato positivo è che ho imparato a creare dei buoni manicaretti.
Della nostra comunità faceva parte un’azienda agricola in cui erano ospitate persone con disabilità che curavano le campagne e gli animali, come le mucche da cui veniva il latte per la nostra collazione… o le galline per le uova che mangiavamo anche noi, i conigli per la carne. Noi nel periodo estivo aiutavamo nel taglio dell’erba e nella raccolta del fieno che veniva portato col carretto alla fattoria, dove costruivamo anche i pagliai con grande divertimento.

Cambiai scuola scegliendo come indirizzo Agraria, ma stavolta devo dire che mi sono impegnato di più , anche perché nel frattempo ero diventato consigliere della Città dei Ragazzi e sentivo addosso la responsabilità che ci aveva consegnato il Padre.

L’autogoverno

Come consigliere sia io sia gli altri dovevamo occuparci di insegnare ai più piccoli il buon comportamento all’interno della Città: chi si occupava della cucina doveva aiutare la cuoca a pulire le verdure da cucinare e poi doveva far lavare tutti i tegami usati; chi si occupava del refettorio doveva far apparecchiare la tavola, servire il mangiare e poi sparecchiare e pulire il tutto;, l’addetto alle camere doveva far tenere le camerate con i letti fatti e tutto in ordine. Ogni settimana si cambiava, facevamo dei turni, così tutti ragazzi sapevano far tutto.

Il pomeriggio dopo il pranzo si doveva no fare i compiti assegnati dalla scuola che ognuno frequentava… ma finiti i compiti si poteva giocare o dedicarsi alle attività assegnate per il buon funaizonamento della nostra Città dei Ragazzi, come pulire la chiesa, il cortile ma anche scendere in paese per socializzare.

Come funzionavano gli ingressi?

Appena arrivati in comunità si veniva registrati: cognome, nome, età, titolo di studio. Sia io sia mio fratello impaurito abbiamo risposto anche se eravamo tanto stanchi per il lungo viaggio prima in treno, poi in nave e poi di nuovo in treno… er noi era la prima volta! Chi aveva mai attraversato il mare per uscire dalla Sardegna? Quindi nei primi momenti c’era tanta gioia ma anche tanta tristezza.

Arrivati alla Tombetta (una cascina in campagna tra San Matteo della Decima e San Giovanni in Persiceto) io, che già ero abituato alla campagna, rimasi contento di quel posto… ma mio fratello no e piangeva di continuo. Eravamo nel periodo della raccolta delle mele e così ci demmo da fare ad aiutare nella raccolta.

Iniziata la scuola io ero iscritto alla seconda media e tutti giorni andavo in bicicletta a San Matteo. Le insegnanti mi dissero che ero troppo grande e non potevo stare lì, così mi trasferirono a San Lazzaro dove fui assegnato al laboratorio di falegnameria. Lì invece ero troppo piccolo, non avevo ancora l’età per lavorare… e così fui spostato subito a Sant’Agata.

Nei giorni di permanenza  lì al centro più di una volta mi è capitato di andare al mercato ortofrutticolo con il camioncino per ritirare la frutta e la verdura che i vari espositori regalavano all’Opera: io con tanta meraviglia caricavo e mi veniva in mente mio padre che di mestiere faceva proprio l’ambulante… quindi andava al mercato comprava per poi vendere nei paesi limitrofi e una parte la lasciava a casa dove veniva venduta da mia madre in negozio. Con quei ricordi in mente però mi capitava di mettermi a piangere, perché mi mancava la mia famiglia, mio padre era morto e continuavo a pensare a loro… ma all’Opera avevo trovato tanti fratelli… venivo abbracciato e consolato dai più grandi di me.

Una volta stabilito a Sant’Agata e iniziai a frequentare la scuola e i Santagatesi erano solidali con tutti i ragazzi di Padre Marella. Venivamo aiutati in tutto e ben voluti perché eravamo tutti molto ordinati, puliti. Scendevamo in paese a lavarci nei bagni pubblici, che erano gestiti dal fotografo del paese (F.lli Cicaglia) e lì mi sono appassionato di fotografia!
Sergio Ruiu
Una sera venne un rappresentante della locale Pro Loco cercando persone per delle selezioni di cantanti. Io accettai di cpresentarmi con la canzone di Fausto Leali “A chi”, facendo le prove col complesso di Fausto Rinaldi, un grandissimo maestro di musica. Andai benino. Era il 1967, il mese se non sbaglio era dicembre. Fui così inserito nel coro della Parrocchia e in tante rappresentazioni che erano realizzate in paese, divenni quindi una star del paese.
Il mio pensiero però era sempre per mio fratello: non sapevo come stava perché all’epoca era difficile comunicare e quindi non avevo molte notizie e non lo vedevo. Ma un giorno, nel periodo di Natale, mi aspettava una grande sorpresa: mi chiamarono e trovai mia sorella con mio fratello che erano venuti a trovarmi!
…sembra una vita fa, ancora mi emoziono se ci penso.