Prima della guerra abitavo con la famiglia al n° 23 di Via San Mamolo. Qui abitava anche Padre Marella.
Nella sua casa aveva accolto alcuni disperati e li accudiva con la solidarietà di tutti e l’aiuto di volonterosi.
Lo vedevo, la mattina presto, caricare i bimbi più piccoli su un carretto di legno con le ruote, che trainava con una vecchia bicicletta fatta a triciclo. Una fatica del diavolo! A salire, per spingerli, a discendere, per frenare, su e giù per Via San Mamolo.
Quando già molto vecchio si ammalò, volle continuare a vedere i suoi bimbi tutti i giorni. E tutti i giorni, alle cinque, arrivavano festosi nella loro incoscienza, a far corona attorno al letto del “nonno”.
Una sera fui presente all’incontro. Lo ricordo già debole, che accarezzava con amore i suoi piccoli, benedicendoli. Anch’io gli chiesi di benedirmi: “Sì, vieni, perché fra poco sarò io ad essere benedetto!”, disse con un filo di voce. Fu l’ultima volta che lo vidi.
Lo ricordo così, col suo vecchio e tradizionale abito nero, con in mano il suo cappello sformato, ma ciò che non si mette a fuoco è il viso che continuamente cambia espressione, nascondendo, sotto la barba bianca, i volti di tutte le persone che hanno usufruito della sua grandissima carità.
Tutte le sere, prima di addormentarmi, penso a lui e lo saluto chiedendogli aiuto; egli mi risponde con una voce – indefinita come il volto – ed è la mia forza nel continuare a condurre un’esistenza pesante, sia per l’età che per i dispiaceri che mi hanno afflitta.
Progetto realizzato nell’ambito del bando Memoria del ‘900 promosso da