Luigi Pedrazzi
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Cominciai a sentir parlare del professor Marella negli anni del liceo, tra il 1940 e il 43. Frequentavo l’Istituto Luigi Galvani, ma ero in rapporti anche con i miei colleghi che frequentavano il Liceo Marco Minghetti. E infatti proprio da loro cominciai a sentir parlare di quello strano professore di Filosofia che risvegliava la curiosità di molti.

Ricordo che all’epoca l’opinione pubblica scolastica era pressoché divisa su due fronti. Alcuni lo ammiravano per la sua intelligenza e per la sua cultura, apprezzando anche l’anticonformismo che manifestava coi suoi comportamenti. Altri invece lo giudicavano una specie di pazzoide che, proprio per gli stessi comportamenti, si faceva notare uscendo dalla norma.

In quel periodo, essendo tutti coinvolti negli eventi bellici, con ideologie più o meno aderenti al regime imperante, era anche singolare che il professor Marella si mantenesse immune da questa febbre ideologica e politica. Preferiva invece sviluppare le proprie lezioni privilegiando l’antropologia, la metafisica, la teoretica… tutte correnti che non esaltavano particolari idee politiche, ma si concentravano sull’unica e vera realtà dell’essenza dell’uomo e dei suoi rapporti col mondo circostante.

Ricordo che al termine della guerra frequentavo la Via dell’Osservanza con motivazioni molto forti: la mia fidanzata, poi diventata mia moglie, abitava all’inizio di quella faticosa salita.

Un giorno mi capitò di vedere il tanto chiacchierato professor Marella trascinarsi dietro un carretto pieno di cose ricevute in beneficenza. Confesso che la scena mi sorprese, ma non era che l’inizio di un’esperienza alla quale mi sarei abituato presto. Chi mi aiutò ad approfondire la conoscenza della persona e dello spirito di don Marella fu Padre Alessandro Mercuriali, infatti don Marella abitava proprio di fronte alla Chiesa della Santissima Annunziata, di cui Padre Mercuriali era parroco.

Durante i lavori del Concilio Vaticano Secondo mi apparve chiaro come alcune importanti posizioni che Marella già da decenni aveva posto alle basi della sua spiritualità e della sua concezione di dignità umana trovavano finalmente spazio nella Chiesa ufficiale. Marella aveva capito da tempo che il fine dell’uomo è la realizzazione e il rispetto della dignità della persona, che non più importante in virtù di quanto possiede o rappresenta, ma per il solo fatto di essere umana e figlia di Dio.

Ricordo il giorno dei funerali del Padre. Credo che in quella occasione tutti, non solo cattolici, si siano sentiti vicini a quel feretro, e abbiano provato un forte sentimento di vuoto, pensando che non lo si sarebbe più visto “mendicare” col suo cappello nero. Nessuno però ha potuto evitare di sentirsi orgoglioso di appartenere a una comunità cittadina che per tanti anni ha sostenuto con la sua generosità l’opera di quello straordinario e silenzioso testimone di Carità.

 

Progetto realizzato nell’ambito del bando Memoria del ‘900 promosso da