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Santi pop!

Santi pop

Santi pop! : una mostra di quadri per raccontare il carisma dei Santi nella quotidianità del nostro vissuto. La ricerca della santità nei volti delle persone che incontriamo quotidianamente, ignari del progetto che Dio ha su di loro.

La mostra nasce da un’ispirazione di Roberta Dallara sfociata in una mostra e poi in un libro, I want you. Reclutati per la santità.

Venerdì 28 aprile 2023 alle 17 l’inaugurazione della mostra sarà introdotta da un dialogo con la pittrice Roberta Dallara. L’esposizione presso il museo ospiterà i “ritratti” di santa Rita da Cascia, san Francesco d’Assisi, santa Caterina da Bologna, san Petronio e il beato Olinto Marella.

La mostra rimarrà visitabile venerdì 28 fino alle 20 e nelle giornate di sabato 29 e domenica 30 dalle 10 alle 18.

Durante i giorni della mostra il normale percorso museale non sarà visitabile.

«Attraverso il lavoro sul beato Marella ho compreso la missione del progetto che stavo realizzando, solo attraverso la conoscenza del suo vissuto ho compreso il significato della santità che io stessa stavo cercando. Mi piace dire che solo dipingendo il Beato, che è stato il mio ultimo santo realizzato di questa serie, ho capito di non aver capito nulla fino ad ora di tutto quello che avevo fatto. E’ stato quel cappello ad illuminarmi.»

BEATO OLINTO MARELLA

«Padre Marella è stato l’ultimo ritratto realizzato di questa serie, e anche la mia grande sfida, perché all’inizio del progetto avevo deciso di rappresentare solo santi vissuti fino al periodo prima dell’avvento della fotografia: volevo evitare di affrontare il problema del confronto con un’immagine fotografica e quindi non volevo scontrarmi con un’affezione devozionale, difficile da mettere indiscussione, secondo me. Succede che inauguro la mostra Santo io, santo tu. Santi sotto le due Torri non a caso alla vigilia della beatificazione di Padre Marella. Come avrei potuto non dedicargli un lavoro?

Mi metto all’opera e come prima cosa mi reco all’angolo di via Caprarie con via Drapperie a farmi dare la Benedizione dal compianto padre Gabriele Digani. Poi torno a casa e decido di impostare il lavoro così: inizierò a dipingere tutta la figura fino alla testa e per ultimo deciderò se fare il ritratto del beato oppure no.

Voglio prendermi tempo per riflettere, a Bologna tante persone l’hanno conosciuto, sono stati suoi alunni, sono stati sposati da lui, sono stati cresciuti, salvati, sfamati: il suo volto è stampato negli occhi di tutti! Comunque suono alla porta di Marco, il mio vicino di casa: sta per partire, va di fretta, è indaffarato a fare le valigie ma gli chiedo questo favore, se può regalarmi cinque minuti del suo tempo per qualche scatto veloce. Gli spiego tutto in un attimo e lui, che ha una pazienza e una tranquillità disarmanti, si distoglie dai suoi impegni per posare per me. Gli dico di non preoccuparsi per l’espressione del viso, la foto mi serve solo per capire le proporzioni, la posizione delle mani; gli faccio tenere stretto il cappello e gli do anche una cerata da indossare, giusto così, per calarlo di più nel personaggio. In quei minuti ero ancora convinta che unire il corpo di Marco e la faccia del beato sarebbe stata la soluzione ideale, che avrebbe messo a posto tutti, senza polemiche o delusioni. Ne sarei certamente uscita pulita. Lo saluto, lo ringrazio infinitamente per avermi salvato, i tempi di lavoro sono stretti, ma ora possiamo partire in due, lui per il suo viaggio e io per la mia nuova avventura.

Ma c’è un però, quell’imprevisto che ti coglie di sorpresa e in un attimo spazza via tutti i preconcetti: guardando Marco in posa, che mi porge il cappello, attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, mi si è smosso qualcosa: è successo che è come se padre Marella fosse stato lì davanti, e quando ho riguardato le foto che avevo appenascattato, ho capito che il beato Olinto era proprio Marco, con la sua faccia, e non poteva essere diversamente, perché sennò a cosa sarebbe servito tutto il mio progetto, se l’esito non fosse stato questo?

Che senso avrebbe tutto quello che ci ha insegnato Padre Marella se non fosse stato per ognuno di noi, adesso? Quel cappello è un invito, una call to action dedicata a tutti, indistintamente, una staffetta di santità.

Io l’ho fatto diventare uno dei suoi attributi di riconoscimento, il cappello con cui chiedeva aiuto per i suoi ragazzi, ma qui si trasforma in un passag-gio di testimone. Il Beato ci porge il suo cappello, ci interroga: “Tieni, adesso tocca a te!”. Potevo io tirarmi indietro? Non l’ho fatto. Quando Marco è tornato a casa gli ho detto che avevo cambiato idea, e che il suo ritratto sarebbe stato esposto in Basilica l’indomani; lui mi ha risposto: “Va bene”. È l’ennesima conferma che per la scelta del mio santo non avevo alternativa, che le modalità degli incontri sono le più inaspettate, ma alla fine funzionano sempre.

E Olinto? Perché il cappello, la cerata e la bicicletta? Padre Marella lascia un’eredità di amore e carità e per questo ho voluto rappresentarlo proprio con questo gesto provocatorio per noi che lo guardiamo; e con la cerata, perché il beato mendicava col bel tempo, con la pioggia, sotto la neve: capo chino e berretto in mano. Qualche sacerdote si oppose a quel gesto che lo faceva sembrare un barbone, ma il beato continuò nell’iniziativa avendo il sostegno del suo caro amico Papa Giovanni XXIII.

Sotto la giacca spunta la maglietta con la scritta Caritas Christi urget nos, è il motto da lui scelto e descrive la sua personalità, che ha toccato il cuore anche di spiriti laici. La scritta è pensata proprio come quella del brand Keep calm, come va di moda, e con gli stessi caratteri grafici, perché vorrei che questo motto diventasse uno slogan, un tormentone stampato sulle magliette e nelle coscienze di tutti.

Sullo sfondo i colori dei muri bolognesi, nella mandorla, il famoso angolo di Padre Marella, tra via Caprarie e via Drapperie, uno dei punti dove lui si fermava a mendicare e dove ancora oggi l’opera continua. Appoggiata al muro la sua immancabile bicicletta con la quale sfrecciava instancabilmente per tutta la città e che qui è diventata attributo del santo e anche il particolare in foglia d’oro.