Marella mette al centro il singolo ragazzo, gli chiede conto di quello che ha fatto, con lui si confronta, prende l’occasione da come si gioca a calcio per capire a che cosa si mira, chiede di imparare a conoscere e condividere i propri desideri profondi, insegna un mestiere, chiede ai suoi ragazzi di organizzare democraticamente la città dei ragazzi, con tanto di elezioni, sa osservare i ragazzi e vedere quando qualcosa non va, inventandosi il modo di parlarne, sa parlare al cuore invitando a lasciare liberi e a prendersi dei rischi.

Se al centro della vita c’è la libertà – ma non come scusa per il relativismo intellettuale, spirituale e morale (che vuol dire che ognuno pensa, sente e fa quel che gli pare) – e se ci si aspetta che che la verità con-vinca, si imponga alla coscienza, allora occorre che la coscienza sia formata.

La fiducia nell’umano non è ingenua. Ecco che la pedagogia non può che diventare la scelta centrale di tutta la vita di don Olinto Marella. Il protagonismo dell’educato, la responsabilità, la proposta di forme di autogoverno responsabile (le elezioni all’interno del Ricreatorio e della Città dei ragazzi) insomma il protagonismo e la partecipazione, caratterizzano lo stile educativo di Padre Marella.

Che spazio c’è oggi per il protagonismo dei ragazzi, per sperimentarsi nella partecipazione, nel rendersi responsabili della vita della società in cui vivono, nell’impegno per il bene comune? Hanno ancora senso (e come fare perchè ce l’abbiano sempre più?) rappresentanti di classe e simili esperienze? E nello sport? In parrocchia?

Quali strumenti oggi per mettere al centro dell’azione educativa la persona?

Oltre l’imposizione di un modello pedagogico valido sempre e per tutti o la dissoluzione di una proposta pedagogica nel totale spontaneismo c’è una pedagogia che ha come obiettivo la persona e le sue relazioni, non che lascia liberi ma che rende liberi perchè responsabili.

 

Approfondimenti

→ Trovandosi a formare la futura elite (insegnante al liceo), Marella approfondisce lo studio della pedagogia. Si dedica alla traduzione italiana della ratio studiorum dei Gesuiti (quella che veniva usata nel Seminario romano in cui lui da ragazzo si era sentito in gabbia) e scopreche è un modello educativo che tutto vuole prevedere e normare. Marella stesso nell’introduzione della ratio, raccontandone la genesi, fa notare che il problema era di regole troppo chiare che non davano spazio all’attuazione che interpreta la situazione soggettiva. Invece “Per Marella occorre assumere la complessità del proprio io come un compito positivo, come l’esito di una coscienza non più isolata ma relazionale. Nell’educazione occorre passare dal vero al verisimile, ed invece che ricercare l’idolo della certezza si cerca una certezza solamente probabile, ma che per questo, trattiene la ricchezza e la varietà del mondo umano”.

In questo Marella si rifà a G. B. Vico, che afferma che in natura niente vi è di stabile ed immutabile. Le verità universali sono eterne… ma sopra la natura. Il terreno della contingenza è invece animato dalla prudenza, verso constatazioni sempre singolari, alla ricerca dei “moti del cuore”. Marella conosce personalmente la Montessori e ne apprezza il metodo. Introducendo un sull’educazione dei fanciulli ne evidenzia l’originalità nel pensare che oltre all’educazione intellettuale abbiano parimenti spazio l’educazione religiosa, quella fisica, ai giochi, al canto.

Una concezione integrale dell’essere umano che riconosce come azione educativa efficace il saper ascoltare ciò che sorge nel “cuore profondo” di moltitudini che non sarebbero state capaci di esprimere ciò diversamente. C’è un cuore, una coscienza dell’educato, e solo sapendo dare fiducia a quell’umano che sta crescendo, insegnandogli come scoprire la verità che ha dentro, gli si permetterà di essere capace di amare resonsabilmente.

 

a cura di don Paolo Dall’Olio