Essere cercatori e costruttori di pace, desiderare che tutte le creature e le persone siano in una grande comunione fraterna, come tenute insieme da un’unico filo, invisibile ma più forte di un filo d’acciaio (scena di Anna in bici con Padre Marella), essere convinti che a seminare del bene si raccoglie del bene e che ai tedeschi occorre dare quello che piace loro (come nel film avviene nella scena della patata al mercato) è una bella prospettiva, ma questo non significa cedere alle ingiustizie. Che sia un soldato che cerca di rubarti la bici di notte (scena soldato di notte), o che ne approfitti della sua posizione per addescare ragazze (scena del treno).

Ma soprattutto essere costruttori di pace diventa impegnativo quando si è chiamati a rischiare in prima persona e gridare “Lass diesen mann frei!” con una pistola puntata addosso (scena della fucilazione) o ad accorrere per salvare la suora di origine ebraica che sta per essere deportata (scena della bilocazione). Si potrebbe sintetizzare così: di base accoglienti e aperti verso tutti.
Se si tratta di un sopruso ci si oppone con coraggio, se si tratta di salvare una vita si rischia la propria… ecco, appunto, impegnativo!

È giusto seminare del bene aspettando di raccogliere bene? Funziona?
È giusto anche nei confronti delle persone violente?

A cura di don Paolo Dall’Olio