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Avvento. Una nuova Betlemme

Betlemme

Sempre di più il periodo natalizio è circondato dall’ebbrezza connessa alle feste, da voci e luci che sembrano celebrare più il consumo che non nutrire lo Spirito. La lunga vigilia appare come un crescente tempo di preoccupazioni e incombenze, dell’effimero e dello spreco, con il concreto rischio di lasciare in disparte la consapevolezza di cosa ci si appresta a celebrare.

A Natale, ogni cristiano fa memoria della venuta diGesù nel suo cuore e nella sua vita. Tutti, cristiani e non, hanno a mente la rappresentazione del presepio. Tommaso da Celano, nella biografia di San Francesco nota come Vita Prima, rievoca le virtù del santo la cui  «aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo».

Per questo, apprestandosi a realizzare a Greccio la Natività, voleva «rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Quando arrivò quella notte, uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme».

Sono queste, nelle parole del cardinale Gianfranco Ravasi, le tre stelle simboliche che brillano nella notte del Natale di Gesù ed è proprio questa costellazione a far comprendere quanto il presepio travalichi la stessa fede cristiana e diventi un segno universale per tutti gli uomini e le donne dal cuore e dalla vita semplice, povera e umile.

Un’altra voce quindi, nel tempo delle feste, non solo è possibile, ma è l’unica testimoniata dal nostro Signore: la voce dei poveri, dei senza casa, degli esclusi, dei perseguitati simboleggiati nei presepi all’interno delle nostre case. Nella testimonianza del presepio si anima la vita, la sofferenza, la maternità, la gioia, la dolcezza, la paura, l’umiltà, la persecuzione, la carità. Le tre stelle della notte del Natale, la semplicità evangelica, la povertà e l’umiltà, ci ricordino il senso profondo del Natale e ci aiutino a leggere il mondo e i nostri legami con tutti gli altri.

Che sia davvero un buon Natale.