Ho incontrato Don Olinto Marella, la prima volta, nel lontano 1940, all’età di otto anni, in pieno conflitto mondiale, quando mia madre si recò da lui per chiedergli di aiutarla. A tutti (o quasi) noi ragazzi era venuta a mancare qualcosa che non potevamo più avere: a chi mancava l’affetto della mamma, a chi quello del papà, chi addirittura non aveva più famiglia o una propria casa.
Venne il momento in cui i piccoli assistiti ospitati nelle varie Case Rifugio di Bologna e provincia, diventati ormai adolescenti, avevano la necessità di costruire il proprio futuro. In Via Piana, alla periferia di Bologna, di fianco alla baraccopoli, aveva sede un vecchio magazzino piuttosto fatiscente della Ditta FerLegno, dove si lavorava appunto il ferro e il legno. Direttore o proprietario era un ingegnere, nipote del Card. Nasalli Rocca di Cornegliano, Arcivescovo di Bologna, molto amico del Padre, al punto di riabilitarlo al sacerdozio, dopo la sospensione. E nacque così la prima Città dei Ragazzi di Don Marella e d’Italia. Per l’istruzione dei ragazzi il Padre aveva aperto i laboratori di tipografia, falegnameria, meccanica, sartoria e calzoleria; vi era pure la scuola di musica, la filodrammatica, la biblioteca e la società sportiva “Civitas Dei”.
Oltre ai locali dei laboratori, vi erano quelli adibiti a dormitorio, i servizi, un piccolo teatrino ed un grande cortile per giocare; mancavano i locali per il refettorio, ma quest’ultima necessità, per due volte al giorno e con qualsiasi tempo, si andava a mangiare nella vicina Casa Rifugio di Via Vezza, distante circa due kilometri.
In Via Vezza, oltre alla Casa Rifugio e all’asilo nido “Carla Cicognari” (la famiglia che aveva dato i soldi per costruirlo), Don Marella aveva fatta costruire la Chiesa dei SS. Carlo Borromeo e Vin- cenzo de’ Paoli. L’edificio, pur essendo ampio e di buona architettura, internamente era stato solamente imbiancato. Allora il Padre, conoscendo la mia predisposizione alla pittura, insieme a quella di un altro assistito mio coetaneo, Davide Roncarà, ci chiese di affrescarla.
Con la sua fede, la devozione e la cultura Don Marella mi ispirava, mi consigliava e mi insegnava. Di miracoli ne ha fatti un’infinità: tutta la sua vita può essere considerata un unico, grande, irripetibile miracolo.
Progetto realizzato nell’ambito del bando Memoria del ‘900 promosso da