All’età di diciotto anni e precisamente il 19 marzo 1952 entrai a far parte dell’Opera di Padre Marella. Presentato da un Sacerdote di Colle Val d’Elsa, il Padre mi assegnò una parte della sua stanza, separata a metà da una vetrata.
Rimasi nella stanza col Padre sei anni, ed ebbi modo di conoscere il suo notturno comportamento. Egli rientrava non prima delle ore una e trenta, ordinava al tavolo l’economia della giornata canterellando delle preghiere. Confesso che le prime volte che lo sentii pregare in quel modo rimasi un po’ stupito, in quanto a me era stato sempre insegnato che al Signore ci si rivolge con rispetto e deferenza. Col passare del tempo però, interpretai quell’atteggiamento non tanto come una mancanza di rispetto nei rapporti di Don Marella con Dio, ma il normale comportamento di una persona che, con la Divinità ha più un rapporto di amicizia e presenza continua, quindi nulla da stupirsi se egli si comportava col Signore così come avrebbe fatto con un caro amico.
Ricordo che le notti di alcuni giovedì del mese non prendeva riposo sul letto, ma girando, leggendo e cantando delle preghiere in latino, trascorreva tutta la notte in Chiesa; imparai poi che egli faceva parte del Gruppo delle Lampade Viventi di Santa Gemma Galgani, e quel comportamento rientrava nei suoi doveri.
Durante i sei anni passati insieme, notai da buon sarto che il Padre non cambiava gli indumenti ormai consunti. Un giorno allora pensai di confezionargli un vestito nuovo. Il Padre si schermì e mi fu necessario prendergli le misure di nascosto e servirmi delle vesti vecchie per la sagoma. Notai i suoi occhi lucidi e fortemente dilatati, al momento di accettare il regalo di un suo allievo.
Progetto realizzato nell’ambito del bando Memoria del ‘900 promosso da